20 febbraio 2015. Incontro con il giornalista Pietrangelo Buttafuoco

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Venerdì 20 febbraio 2015 alle ore 20,45 presso la sede dell’associazione “Torquato Tasso” in via Tasso 7 a Bergamo si terrà un incontro con il giornalista e scrittore Pietrangelo Buttafuoco intervistato da Marco Cimmino.

2 pensieri riguardo “20 febbraio 2015. Incontro con il giornalista Pietrangelo Buttafuoco”

  1. MALAGIUSTIZIA
    di Ernesto Scura

    Sono ingegnere, titolare, sin dal 1979, del Laboratorio RESISTEST, in Corigliano-Rossano, per esecuzione di prove sui materiali da costruzione, su autorizzazione del Ministero delle Infrastrutture.

    Nel novembre del 2002, alle tre di notte, vengo svegliato dalla telefonata della moglie, allarmatissima, di un ingegnere, tecnico del mio Laboratorio, per avvertirmi che a casa loro c’era la polizia per eseguire un mandato di cattura nei confronti del marito, per reati connessi con “presunte irregolarità” in certificazioni emesse sulle prove eseguite su conglomerati bituminosi, in combutta con l’Impresa che eseguiva i lavori sull’Autostrada Salerno-Reggio Calabria. Dopo mezz’ora squilla il citofono di casa. È la Guardia di Finanza che deve provvedere al sequestro del Laboratorio (pensate, sequestro di un’attività dichiarata, per Decreto, Servizio di Pubblica Utilità ! ). Scendo e apro il Laboratorio e gli Uffici. Davanti alla porta vedo il viso sfatto di un altro mio tecnico, in mezzo a due poliziotti che, prelevato e ammanettato, doveva presenziare al sequestro. Lascio tutti e salgo in casa per rimettermi in sesto con le idee. Ed è già tanto che non arrestarono anche me, probabilmente per ovvi motivi anagrafici (69 anni). Ma le sorprese non erano ancora finite, perché intorno alle otto del mattino, ancora uno squillo di citofono annunciava l’arrivo dei CARABINIERI che dovevano perquisire il mio appartamento. Lo fecero mettendo a soqquadro armadi, suppellettili, stoviglie, dispense e bagni, alla ricerca di chissà che cosa (lingotti d’oro, Assegni?) con l’unico risultato di terrorizzare i miei due figli che si videro profanare l’intimità delle loro stanze e, almeno per quel giorno, rinunciarono a recarsi a scuola per solidarietà. La procura aveva impegnato in quel blitz quasi tutte le Forze dello Stato. Mancavano AERONAUTICA e MARINA. Già telefonare ad un avvocato, alle quattro di notte, mi ripugnava e rinviai alle cinque. Cominciai a sfogliare il corposo volume dei capi accusatori. Il tutto nasceva dalla telefonata di un tecnico dell’impresa che chiedeva notizie sulle modalità di consegna dei campioni di conglomerato bituminoso. Gli fu spiegato che doveva portare in laboratorio i prelievi in cassette. Disse che, purtroppo, lui non disponeva di cassette, volendo riferirsi ai contenitori. Al che il tecnico disse che gliele avrebbe fornite lui, potendo utilizzare altre vecchie cassette. L’incaricato della trascrizione delle intercettazioni, confondendo il contenuto con il contenitore, interpretò la proposta come esonero dal portare i campioni perchè “avrebbe provveduto lui con altri sicuramente favorevoli agli interessi dell’impresa”. Dopo l’assoluzione in un processo di primo grado, dopo l’Appello che rinviava in Cassazione che se lo teneva un ulteriore anno, il Processo era di nuovo in Corte d’Appello perchè ritenuto di competenza della Corte d’Appello. E voilà : la PROCURA ANTIMAFIA di Catanzaro, di sua iniziativa, finalmente stanca dei reiterati, e ostinatamente accaniti assalti, chiedeva l’Archiviazione del processo e la sentenza della Corte d’Appello non poteva essere che di ASSOLUZIONE PERCHÈ IL FATTO NON SUSSISTE”. Cioè non esistevano reati e, ovviamente, nemmeno colpevoli. Però, al processo di 1ºgrado, in cui peraltro fummo assolti, il PM non aveva esitato a chiedere, nei miei confronti, una condanna a 4 anni e 7 mesi. CONCLUSIONI: Ai TECNICI fu riconosciuto un indennizzo, per ogni giorno di “ingiusta detenzione”, di 235 euro. Per ogni giorno di arresti domiciliari 175 €. Immaginate che ricco banchetto con i “fichi secchi” ne conseguì. A ME, non avendo sofferto carcerazione, NULLA. Non rimborso spese legali fatturate in 100.000 €. Non il rimborso dei 250.000 euro consumati dalla GESTIONE GIUDIZIARIA, senza ombra alcuna di incassi, per insipienza e incapacità di gestione degli Amministratori Giudiziari. Non MANCATI GUADAGNI per tre anni. Tutta questa BEFFA GIUDIZIARIA è gravata sul mio patrimonio la bella cifra di 500.000 euro. E scusate se è poco. Il PM dell’inchiesta si chiama EUGENIO FACCIOLLA. Anche lui è finito sotto il torchio della magistratura e degli organi supremi del CSM. Non gli auguro le mie pene.

    Ernesto SCURA (Novantenne ingegnere calabrese di etnia arbëresh)

    P.S.
    Quel P.M. appena ottenuto il rinvio a giudizio dal GUP,
    Massimo Forciniti, peraltro suo vecchio amico, iniziò il
    giro delle sette chiese per gloriarsi del successo ottenuto.
    Cominciò dalla mia città. Un alto ufficiale dei carabinieri
    si presentò dal preside del liceo scientifico, chiedendo
    a nome del dottor Facciolla, il permesso di tenere, in
    quella scuola una conferenza sulla LEGALITÀ.
    Il preside acconsentì e la conferenza ci fu. Coronata da
    scroscianti applausi.
    Direte, perchè CORIGLIANO ? Ma a CORIGLIANO era
    riuscito a mettere in galera due “colletti bianchi”, ad
    inquisire un terzo “colletto bianco”, lo scrivente, e a
    sottoporre sequestro giudiziario un laboratorio.
    Ma l’avvenimento era talmente gratificante per un PM
    che pensò bene di condividerne il successo con
    Massimo FORCINITI che, nella duplice veste, di GIP e
    poi di GUP, lo aveva assecondato in quella mania
    manettara che,in tre lunghi sofferti anni arrecò ad una
    florida istituzione scientifica di ricerca e sperimentazione,
    danni a dir poco irrecuperabili se non a costo di rinate
    energie.
    Che fece Facciolla? Se lo portò dietro alla conferenza nel
    liceo scientifico, in cui non mancarono gli scambi di elogi
    reciproci.
    Io non so come funziona in Italia, ma so per certo, che
    nei paesi a tradizione giuridica anglosassone, un magistrato
    inquirente ed un magistrato giudicante non possono andare
    insieme nemmeno al bar,a prendere un caffè.
    PENA LA DECADENZA

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