GIOVEDI’ 19 SETTEMBRE: ROBERTO MARCHESINI RACCONTA SABBATAI ZEVI

Il 17 settembre del 1676, nel giorno festivo dello Yom Kippur, a Dulcingno, piccolo porto albanese lungo la costa Adriatica all’estremità meridionale della Dalmazia, muore, in una anonima bicocca confinata ai margini dell’abitato, il messia Sabbatai Zevi. Appena un decennio prima, all’apice delle sue fortune, questo discusso e controverso personaggio nato nell’anniversario della distruzione del tempio, aveva interpretato le speranze di milioni di israeliti, suscitando nelle comunità della diaspora una febbre messianica di proporzioni mai viste e lacerando la tenuta del tessuto sociale come mai prima era accaduto. Dai magri villaggi parlanti yiddish piantati nelle pianure della cuiavia polacca ai capienti fondachi dei marrani livornesi, dalle agenzie di cambio di Amsterdam ai fatiscenti palazzoni affacciati sul corso del Rodano, il suo nome volava di bocca in bocca estendendo il contagio delle sue dottrine esoteriche ed accendendo sempre nuovi focolai di sovversione all’autorità rabbinica. Nell’imminenza del regno messianico gli ebrei avevano abbandonato ogni preoccupazione e ripudiato gli insegnamenti dei loro padri, facendosi arroganti e prepotenti. Gli uomini avevano chiuso le botteghe e le donne non impastavano più il pane. Avevano scacciato i loro capi religiosi e sedevano oziosi sulla soglia delle case, scrutando il cielo limpido, nell’attesa dell’imminente venuta di quel re senza corona che li avrebbe rapiti su di una nuvola d’oro e ricondotti come per incanto in quel di Gerusalemme. Perfino il sultano di Costantinopoli, preoccupato per il vociare che saliva al suo trono dalle vie del quartiere ebraico, aveva voluto conoscerlo ed egli, chiamato, era venuto sul Bosforo a cavallo, con ricca scorta ed abiti eleganti, per essere interrogato. Eppure, posto ai piedi della terribile maestà del trono, Sabbatai aveva esitato e si era spogliato della sua pretesa regalità, abiurando Israele, per abbracciare la fede islamica. Ma chi fu davvero Sabbatai/Saturno Zevi, il figlio di Mordecai? Quanto incisero sul suo pensiero i rapporti del padre, agente di una casa commerciale inglese, con il millenarismo calvinista? Cosa significò per il popolo ebraico la sua predicazione? Quale fu il suo impatto sul folklore ebraico ? Che fine fecero i suoi seguaci? E, più ancora, cosa resta di lui nel nostro mondo dopo tanto tempo? A queste, come ad altre domande, immergendosi in una surreale atmosfera da barocco ebraico, cercherà di rispondere per noi, giovedì 19 ottobre, l’amico Roberto Marchesini.

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