“È un’aria da veglia funebre quella che si respira a Belgrado la notte del 21 luglio del 1456. Radi fuochi illuminano il profilo deturpato delle mura sbrecciate dal morso dei cannoni. Dai fossati, ingombri di carcasse e di cadaveri, esala un odore acre e dolciastro che sa di morte e di disfatta. Alle prime luci dell’alba Maometto il Conquistatore, il Gran Turco, tornerà a concludere la sua opera e la forte presa delle sue dita stringerà la gola della esausta città per l’ultima volta. I crociati, come sopravvissuti ad un naufragio che aggrappati ad uno scoglio attendono la morte con l’approssimarsi della marea, brancolano sfiniti nel buio della notte, strisciando i piedi verso i bastioni per ricevere i sacramenti impartiti dai frati cappuccini. Il loro destino appare segnato eppure c’è ancora qualcuno che sembra aver voglia di lottare. Sparuti gruppi, via via più numerosi, di fanti e di contadini abbandonano autonomamente le posizioni e scendono in direzione delle mura, capannelli di gente comune e di poveri cavalieri si accalcano bisbigliando sottovoce a ridosso della breccia. Tra loro spicca la figura di Giovanni da Capestrano, un frate abruzzese, ma gli ufficiali non sanno dire per quale motivo sia lì e sono certi che, data la situazione, non abbia comunque poi molta importanza. Eppure il mattino che ad oriente già si annuncia col canto squillante degli uccelli ha in serbo meraviglie che nessuno tra i due contendenti può ancora immaginare”
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VENERDì 8 LUGLIO: ALBERTO LEONI RACCONTA L’ASSEDIO DI FAMAGOSTA
Nel pieno dell’estate del 1571, dalle fortificazioni ormai ridotte a brandelli dal fuoco dei cannoni ottomani, qualcuno sventola una bandiera bianca in direzione del campo nemico. Per ordine dei capitani della Serenissima si decide di chiedere una tregua per discutere le condizioni di resa. Marcantonio Bragadin, rettore di Famagosta, ha deciso di cedere alle sollecitazioni del suo consiglio di guerra. La sperata flotta di soccorso non ha mai raggiunto le acque cipriote, le fantesche degli italiani mancano del necessario per continuare il combattimento e quel che resta della popolazione civile è ormai ridotta allo stremo dagli orrori della guerra. È stato uno scontro spietato, protratto oltre il limite dell’umana sopportazione, un duello estenuante che ha reso monche entrambe le armate; lo stesso Lala Pascià ha dovuto seppellire il proprio figlio in vista dei bastioni. In breve tempo vengono firmati gli accordi, giurati sui rispettivi testi sacri, e si procede all’evacuazione degli armati. Il dettaglio della resa, dopo elaborate trattative, concede ai difensori di essere imbarcati su galee turche e fare vela verso Creta mentre la popolazione civile sarà rispettata e non si procederà all’usuale saccheggio dell’abitato. Ma qualcosa va storto. Bragadin e il comandante sultanale paiono intendersi poco e piacersi pure di meno. Alla cerimonia di consegna delle chiavi cittadine è registrato un aspro diverbio tra i due e il provveditore è messo in catene mentre il suo seguito viene decapitato. È solo l’inizio di un calvario di crudeltà senza nome, di un supplizio mostruoso destinato a protrarsi per altri 10 giorni, di un orrore che getterà nel fango l’onore della Sublime Porta e nello sgomento i popoli cristiani.
VENERDI’ 25 MARZO: ALBERTO LEONI RACCONTA L’ASSEDIO DI MALTA
All’alba del 18 maggio 1565 un’imponente flotta da guerra posa l’ancora a largo della costa maltese. Solimano il Magnifico, il Gran Turco, il Sultano di Costantinopoli, ha spalancato i forzieri del suo tesoro per armare 250 navi e condurre i superbi eserciti della Sublime Porta alla conquista della piccola isola nel mezzo del Mediterraneo. Contro questa tempesta che monta dal levante del mondo, pronta a scagliarsi contro lo scoglio melitense, s’appronta un gruppo di uomini provenienti da mezza Europa sotto il comando del Gran Maestro degli Ospitalieri. Uno scontro epico e terribile deflagrerà per tutta l’estate, portando entrambi gli schieramenti ad un passo dal completo esaurimento. Un giorno dopo l’altro, un assalto dietro l’altro, le orde dei basci-buzuk ed i tenaci reggimenti di giannizzeri spargeranno sudore e sangue sulle mura dell’arcipelago, erodendo posizioni a cui i cavalieri corazzati si aggrappano con coraggio leonino nella disperata attesa una flotta di soccorso che sembra destinata a non giungere mai. Alberto Leoni racconterà per Domus Orobica di due mondi in lotta, di due implacabili nemici avvinghiati l’uno all’altro, in una scontro destinato ad entrare nella leggenda.


