Il 1861 se ne era andato lasciandosi alle spalle una Confederazione inorgoglita dal trionfo di Manassas e un cupo sbigottimento nelle alte sfere militari dell’Unione. Laddove le prime vittorie del sud avevano riacceso l’illusione di una rapida indipendenza, gli unionisti si interrogavano sul da farsi e con l’inizio del nuovo anno, mentre l’esercito dell’Unione si leccava le ferite attorno a Washington DC, un fronte apparentemente periferico stava per assurgere a inaspettata fama. Nelle pianure tra fiumi dell’Ovest, uno sconosciuto ufficiale federale, Ulysses S. Grant, stava ascendendo a nuova fama. Grant, fino ad allora, non aveva mai brillato nella vita e dopo un servizio ordinario durante la guerra contro il Messico, era rapidamente precipitato in un vortice di insuccessi personali e professionali. Imprenditore fallito e col vizio del bere, fu preso a lavorare nella conceria del padre in Ohio. Volontario arruolato col grado di capitano, allo scoppio della guerra civile nessuno che lo avesse conosciuto avrebbe puntato un centesimo sul suo futuro. Ma, contro ogni pronostico, fu lungo i fiumi del Tennessee che la sua stella cominciò a brillare. Il paesaggio di quella regione, segnato da colline boscose, vallate ampie e fangose pianure solcate da corsi d’acqua, si rivelò al tempo stesso un ostacolo e un vantaggio. I fiumi Tennessee e Cumberland, lenti e sinuosi, erano le vere strade dell’Ovest: controllarli significava dominare rifornimenti, comunicazioni e spostamenti delle truppe. Compresa l’importanza di questo scenario naturale, Grant puntò con audacia ai fortini che li presidiavano e, con caduta di Fort Henry prima e Fort Donelson, si aprì una strada per il Tennessee, minacciando Nashville e l’intero controllo sudista sulla valle del Mississippi. Per la Confederazione, che solo pochi mesi prima s’era cullata nell’illusione di una rapida vittoria, fu un brusco risveglio: aldilà dell’aristocratica Virginia c’era Un punto scoperto nel cuore fertile del Sud fluviale. Iniziava una nuova battaglia
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SABATO 15 MARZO: NICCOLO’ FERRARI RACCONTA LA GUERRA CIVILE AMERICANA
Mentre nei primi mesi dell’anno l’intricato quadro politico pare definirsi con maggiore chiarezza, e l’Unione sopravvive alla fuoriuscita degli Stati del Sud, la terra inizia tremare e fervono i preparativi bellici tra i contendenti. Lungo una linea del fronte di migliaia di chilometri che, partendo dalle coste atlantiche e guadando il corso del Mississippi, si spinge fino alle aspre pendici delle Montagne Rocciose, va ingrossandosi una terribile tempesta che coinvolgerà, volente o nolente, chiunque incontrerà sul suo cammino. Nel frattempo gli incidenti e le scaramucce si fanno sempre più frequenti, rullano tamburi e si arruolano uomini, si fondono cannoni e si ingrassano cartucce, si mobilitano armate e si armano flotte, si nominano generali e si approntano piani di battaglia. Così, quando nella baia di Charleston gli artiglieri del creolo Beauregard puntano le loro bocche da fuoco contro il profilo di Fort Sumter, tutto precipita.
SABATO 15 APRILE: DIXIELAND, L’ALTRA AMERICA
Al di sotto della linea Mason-Dixon, che traccia un confine tra gli stati di Pennsylvania, del Maryland, del Delaware e della Virginia, si apre Dixieland. Il grande Sud. In uno spazio geograficamente immenso, ricco di campi coltivati a cotone e tabacco, di paludi e fiumi, di pinete abbarbicate sui pendii montani e di arse savane, di fitte giungle e di foreste di noci bianche che si spingono sino al limitare del Golfo del Messico, abitavano alla metà del secolo XIX° meno di dieci milioni di persone. In seno a questa popolazione, in gran parte composta di liberi cittadini di origine anglo-irlandese e da schiavi di origine africana ma arricchita da numerosi elementi creoli di lingua francese e dalla presenza di popolazioni indigene, si sviluppò nel corso di qualche secolo una cultura peculiare distinta dal mondo del nord industrializzato. Questa inconciliabilità tra modelli di sviluppo sociale differenti, che andrà sempre più allargandosi nel corso di tutto il primo ottocento e raggiungerà il suo apice dopo la guerra di secessione, è probabilmente la causa prima, eppure la più misconosciuta, del terribile conflitto che portò le batterie del generale de Beauregard ad aprire il fuoco su Fort Sumter e a dare il via alla più sanguinosa contesa mai combattuta in territorio americano. Lo scrittore Niccolò Ferrari affronterà le specificità di questa civiltà perduta, con le sue luci e le sue ombre, nel primo di una serie d incontri dedicati alla Guerra Civile Americana.


