“Un tempo le periferie erano fabbriche, piazze, bar, sudore, calcio e lotta politica. Oggi sono passerelle televisive per chi ci è nato, ci è cresciuto e non le riconosce più. Perché la periferia, nel mondo di oggi, deve essere raccontata con parole politicamente corrette, possibilmente in inglese. Deve diventare una categoria socioculturale, non più una condizione reale. Un set per videoclip, non un racconto di verità. In queste pagine non troverete il tono rassicurante delle autobiografie scritte su misura per piacere. Troverete invece la voce ruvida, precisa, dolorosamente vera di chi non si è mai adeguato. Un ragazzo cresciuto nel cemento, tra le cerbottane e le legnate, tra la curva e la classe operaia, tra un padre spezzato dal lavoro e una madre con il battipanni pronto. Un uomo che ha scelto di restare scomodo, mentre gli altri facevano a gara per sedersi ai tavoli giusti. Qui non si parla di diritti civili con il tono politicamente corretto di chi ha sempre avuto tutto. Qui si parla di diritti sociali, quelli veri. Quelli che ti strappavi con le unghie sotto i cancelli della Fiat. Quelli che oggi non fanno più notizia. Quelli che non interessano a nessuno perché non generano like. E allora eccolo, questo libro: un atto d’accusa, una mappa del disincanto, un grido politico senza retorica. Ogni riga è uno schiaffo a chi ha voltato le spalle alla propria storia, a chi ha barattato la militanza con il marketing, la coerenza con il potere, la lotta con la carriera. Una biografia di periferia è il diario crudo e necessario di un’Italia che non si racconta più, perché dà fastidio. Perché ricorda che un tempo si moriva per un’idea. E che oggi, per un’idea, non si rinuncia nemmeno a un aperitivo”
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VENERDI’ 12 DICEMBRE: ANTONIO BESANA PRESENTA LA “TREGUA DI NATALE”
Sul finire del dicembre 1914, lungo la linea dei trinceramenti che punteggia l’intero fronte occidentale, ha luogo un episodio insolito per il XX° secolo: Una tregua di Natale. Nel saliente di Ypres, sui parapetti tedeschi, compaiono candele e piccoli alberi, mentre si alzano nella gelida aria di inizio inverno le note di Stille Nacht. Note a cui i britannici britannici rispondono con proprie melodie. Dai due lati del campo di battaglia, dopo un iniziale titubanza, si scambiano saluti improvvisati, prima urlati, poi più vicini, finché alcuni soldati escono dalle trincee e si incontrano a metà strada nella terra di nessuno. La “Tregua Dei” non viene formalizzata e non si estende a tutto il fronte ma, laddove prende forma, assume sempre i medesimi caratteri: I soldati condividono tabacco, cioccolato, alcool, cercano di dialogare, scattano foto ricordo, arrivando persino a improvvisare partitelle di calcio sul terreno indurito dai rigori invernali. L’armistizio permette inoltre di recuperare i caduti lasciati a bocconi sul campo tra il filo spinato; pattuglie miste li trasportano nelle immediate retrovie e li seppelliscono con brevi riti. L’iniziativa, nata senza l’avvallo dei comandi, indispone gli ufficiali superiori che la osservano con diffidenza e si affrettano a scoraggiarne la ripresa. In analoghe occasioni, nei mesi e negli anni successivi, tentativi simili vengono repressi e la guerra di posizione torna a abbruttire il saliente di con bombardamenti, assalti e perdite elevate. La tregua di Natale resta pertanto un episodio circoscritto, caratterizzato da un’interruzione temporanea del combattimento e da un contatto diretto tra soldati avversari, registrato nella memoria dei reparti e nelle testimonianze inviate in patria come un fatto quasi miracoloso nella sua ovvietà, ma isolato e irripetibile.
VENERDI’ 7 NOVEMBRE: GIOVANNI CERINO BADONE RACCONTA “AIN EL-GAZALA, IL TRIONFO DI ROMMEL”
Nel primo pomeriggio del 26 maggio 1942 le forze corazzate italo-tedesche al comando del generale Crüwell danno il via all’offensiva dell’Asse con la “Variante Venezia” (Unternehmen Venezia), un attacco diversivo lungo il settore settentrionale di Ain El-Gazala. La Divisione Trento impegna le linee britanniche allo scopo di coprire la grande manovra aggirante dell’Afrika Korps che, coperta da una provvidenziale tempesta di sabbia, muove più a sud poco dopo. Il silenzio immacolato del deserto libico è squarciato dal fragore delle artiglierie e dal rombo degli aerei: inizia così la battaglia di Ain El-Gazala. Per settimane le truppe italo-tedesche (in evidente e costante inferiorità numerica) si oppongono a quelle britanniche del generale Ritchie, affrontandole in un duello all’ultimo sangue, tra le dune e i reticoli dei campi minati, sotto il cielo azzurrissimo della primavera africana. Le divisioni corazzate si rincorrono in un labirinto di polvere e fuoco dove, una volta di più, l’acume tattico e l’audacia operativa del comandante in capo brilleranno sui numeri e sui mezzi dell’avversario. La via per Tobruk e per le piramidi è ormai aperta.
VENERDI’ 21 MARZO: STELIO FERGOLA PRESENTA IL LIBRO “IL FEUDO, LA MINORANZA CHE DECIDE MIRACOLI, VITA E -SOPRATTUTTO- LA MORTE DELLA NAZIONE ITALIANA”
Il Feudo è una metafora, è un simbolismo, da sempre efficace per descrivere i fenomeni sociali. Ma è anche studio di una realtà presente da ottant’anni circa. Dalla fine della seconda guerra mondiale in poi, questa strana ma decisiva minoranza elitaria ha preso in mano le redini della Nazione Italia. Praticamente da ogni punto di vista: politico, culturale, etico, identitario. Decide cosa sia giusto e cosa sia sbagliato a prescindere dalle elezioni. E la strada a cui sta conducendo, attraverso le sue mille sfaccettature, è la morte. Considerata la miriade di aspetti che lo contraddistinguono, definire compiutamente ed esaustivamente il Feudo è pressoché impossibile. In questa analisi ci siamo concentrati sugli aspetti principali, augurandoci che lo spunto sia di stimolo per approfondimenti futuri. L’Italia è controllata e diretta a dovere verso la tomba, ma chi decide a riguardo non rappresenta assolutamente la sua essenza.
SABATO 30 NOVEMBRE: MARCO VALLE PRESENTA IL LIBRO “VIAGGIATORI STRAORDINARI”
L’esploratore conobbe nell’Ottocento la sua consacrazione definitiva. L’iconografia popolare racconta le gesta di uomini alla conquista di immensità sconosciute, con in testa il casco coloniale e nelle mani una mappa, un sestante o un fucile: un ritratto eccezionale, ma ingenuo. Nella realtà, gli esploratori furono espressione di un’epoca, con una precisa funzione sociale e politica: informare i contemporanei sullo stato del mondo, cercare risorse, fondare colonie. Al tempo stesso, però, dai loro diari traspaiono uomini inquieti, a disagio se non in totale rottura con le società da cui provengono. Nelle «terre incognite» gli esploratori cercavano non solo fama e ricchezze, ma la possibilità di dare un senso alla propria esistenza. Di quell’epopea il cinema e l’editoria hanno consegnato una lettura quasi esclusivamente anglosassone, imperniata sui nomi di Livingstone, Stanley, Burton, Speke. In Italia, per una strana ritrosia, sulla grande stagione dell’esplorazione per decenni si è preferito sorvolare. Marco Valle si è messo sulle tracce di quella «comunità avventurosa» italica che percorse le zone più selvagge e inesplorate dei cinque continenti: da Ippolito Desideri in Tibet a Giacomo Beltrami alle sorgenti del Mississippi; da Orazio Antinori a Giacomo Doria a Luigi Amedeo di Savoia fino a Odoardo Beccari nel Borneo, Giacomo Bove in Patagonia, Pietro Savorgnan di Brazzà in Congo, Guglielmo Massaja e Vittorio Bottego in Abissinia, Giovanni Miami sul Nilo, Giovan Battista Cerruti in Malesia. E ancora nel Novecento Alberto de Agostini in Patagonia, Raimondo Franchetti in Dancalia, Giuseppe Tucci in Asia e Ardito Desio nel Sahara. Fino a oggi, con Samantha Cristoforetti nello spazio, continuatrice della saga dei nostri «capitani coraggiosi».
SABATO 3 GIUGNO: ROBERTO MARCHESINI PARLA DI CINEMA E CARATTERE NAZIONALE
Il Cinema, la settima arte secondo la definizione del critico Ricciotto Canudo, è probabilmente l’espressione caratteristica e di maggior rilievo della moderna contemporaneità. La dimensione più sfruttata per ritrarre e raccontare sé stessi e gli altri, per proiettare la propria immagine nello spazio e nel tempo. Come ogni opera dell’ingegno umano, ogni specifico filone cinematografico conosce un concepimento più o meno fortunato, necessita di un ambiente propizio in cui svilupparsi, si indirizza verso una finalità da soddisfare e finisce con l’impattare sulla realtà circostante, modificandola. Nel secondo dopoguerra, in Italia e nel mondo, ebbe particolare rilevanza uno specifico movimento culturale chiamato “Neorealismo”. Roberto Marchesini torna in Domus per raccontare il perché di un successo tanto inaspettato e capire quanto l’attuale percezione che gli italiani hanno del proprio paese, come della propria cultura, sia debitrice di quella breve e fortunata stagione della cinematografia nostrana.
GIOVEDI’ 11 MAGGIO: MARCO CIMMINO RACCONTA LA STRAFEXPEDITION
Prosegue il nostro ciclo sulla prima guerra mondiale iniziato in occasione del centenario. Giovedì 11 lo storico Marco Cimmino ci parlerà della cosìdetta Strafexpedition o battaglia degli Altipiani, l’unica offensiva austriaca sul fronte italiano tra l’inizio della guerra e lo scacco di Caporetto.
«Non v’era un solo metro quadrato di terreno che non fosse battuto; sotto quella furia omicida la montagna stessa doveva essere spianata. Le rocce divelte si sfaldavano, precipitavano, mutavano aspetto; il monte era tutto un incandescente cratere in eruzione […] alla fine ci è come sembrato che quell’altura avesse come cambiato fisionomia e si fosse fatta irriconoscibile.»
(Alfredo Graziani, tenente della brigata Sassari)
DOMENICA 2 APRILE: INCONTRO CON DANILO PAGLIARO, UN ITALIANO NELLA LEGIONE STRANIERA
Una scelta di vita non ordinaria raccontata in presa diretta: è la decisione di abbracciare la causa della Legione straniera quella che viene raccontata in questo romanzo autobiografico sui generis, attraverso il percorso di un uomo, un italiano, nella forza militare francese. È qui che si svolge la vicenda del legionario Perrini, alias Danilo Pagliaro, da un lato facendo fronte alle fatiche e ai rischi cui si sottopongono gli “uomini senza passato”, dall’altro cercando di conservare quanto di più caro esisteva al di fuori della vita militare. Non una semplice autobiografia, e nemmeno una memorialistica bellica: “Vita da legionario” è il racconto del primo incontro con l’amore, la morte, l’abbandono, la solidarietà, la fratellanza. Un’intera esistenza votata alla leggendaria divisa della Legione straniera.
VENERDI’ 24 GIUGNO: GIUSEPPE PARLATO RACCONTA LA MARCIA SU ROMA
Il 28 ottobre del 1922 si chiude il primo dopoguerra italiano. Migliaia di fascisti e di reduci provenienti da tutta Italia marciano sulla capitale per occupare i palazzi del potere senza incontrare alcuna reale resistenza da parte del governo e delle forze armate. È l’inizio del ventennio fascista, lo spartiacque nella storia nazionale. Ma cosa fu davvero la Marcia? Chi la ideò? Chi la organizzò e chi la diresse? Perché D’Annunzio non partecipò ad un’impresa che pareva cucita su misura per lui? Perché l’esecutivo si dimostrò tanto inadeguato da sollevare sospetti di connivenza? In occasione del approssimarsi del 100° anniversario di quell’evento li storico, Giuseppe Parlato entrerà nel dettaglio della cronaca per fornire un analisi lucida ed obbiettiva dei “tremendi eventi” di quei giorni.
GIOVEDI’ 16 GIUGNO: MARCO CIMMINO RACCONTA L’ENTRATA IN GUERRA DELL’ITALIA
ISONZO 1915 – Alle 4 del mattino di lunedì 25 maggio 1915 i cannoni di Forte Verena, sull’Altopiano di Asiago, aprono il fuoco contro le posizioni occupate dai soldati austrungarici. È l’inizio della partecipazione italiana al primo conflitto mondiale, il boato che annuncia l’entrata della nazione nella modernità. Dopo caotici mesi di frenetiche trattative e di giravolte diplomatiche, di manifestazioni e scontri di piazza, di tensioni e di speranze, il Regno d’Italia sotto il comando del nuovo capo di stato maggiore Luigi Cadorna scende in campo contro un Impero in grandissime difficoltà. Marco Cimmino ci racconterà come, nei primi 6 mesi del conflitto, il regio esercito, nel tentativo di aprirsi a “spallate” una via per Lubiana, lancerà 4 tenaci offensive sulla stessa direttrice strategica registrando decine di migliaia di perdite e raccogliendo risultati molto al di sotto delle aspettative originarie
VENERDI’ 13 MAGGIO: MIRKO CAMPOCHIARI RACCONTA LA BATTAGLIA DI CHEREN

Lo scrittore scozzese Compton Mackenzie nel suo Eastern Epic (1951) ebbe modo di riassumere con queste parole il contributo italiano alla più importante battaglia combattuta nel Corno d’Africa. “Cheren è stata una delle più duri scontri di fanteria mai combattuti in questa guerra e ciò per l’ostinazione mostrata dai battaglioni Savoia, dagli Alpini, dai Bersaglieri e dai Granatieri, in una maniera composta e decisa, cosa mai mostrata dai tedeschi in nessuna battaglia recente. Nei primi cinque giorni di battaglia gli italiani hanno contato 5000 soldati colpiti (1135 di questi, mortalmente). Lorenzini questo giovane e coraggioso generale, è stato praticamente decapitato da una serie di colpi sparatigli dall’artiglieria britannica. Egli è stato un grande comandante delle truppe italiane in Eritrea.
L’infelice propaganda di guerra del tempo ha permesso alla stampa britannica di rappresentare gli italiani come soldatini di ventura; ma se escludiamo la divisione paracadutisti tedesca operante in Italia e i giapponesi attivi in Birmania, nessun esercito nemico col quale le truppe britanniche ed indiane hanno dovuto scontrarsi, ha saputo ingaggiare una battaglia più acre ed efficace di quella dei battaglioni Savoia a Cheren. Oltre ciò, le truppe coloniali italiane, fino al momento di capitolare sulle ultime postazioni, hanno combattuto con valore e coraggio e la loro lealtà in campo è stata testimone della eccellente amministrazione italiana e della valida preparazione militare operata in Eritrea”. La sera di venerdi 13 maggio Mirko Campochiari cercherà di approfondire un evento bellico colpevolmente dimenticato dell’ultima guerra, spiegando come e perché due imperi siano giusti a sfidarsi nelle aspre ed arse valli che si aprono in vista del Mar Rosso.













